26 MAR
Nati il 4 di ottobre
Pubblicato in: Cultura, Dentro il Mov. 5 Stelle, Politica italiana | 26 marzo 2013 - 16:45
Movimento 5 Stelle tra la gente

Quando scrivo, mi sforzo solitamente di estraniarmi dalle personali simpatie politiche per assicurarmi di osservare e commentare la realtà da una prospettiva prima di tutto utile alla mia crescita personale. Ma volendo qui parlare di alcuni aspetti del Movimento 5 Stelle, nei quali ultimamente stento a riconoscermi, questo post sarà scritto con decisa prospettiva di attivista. Perché sono convinta che, quando si è in disaccordo con qualcosa che si ama, sia invece più corretto coinvolgersi in particolare nel suo destino..

 

Ed ecco: non trovo apprezzabili alcuni atteggiamenti che, recentemente assunti dai nostri eletti, stanno rimbalzando sui media in queste ultime settimane e caratterizzando il Movimento agli occhi del Paese. Mi riferisco, per esempio, all’ironia di Crimi, all’uscita dal Quirinale, sullo stato di veglia del Presidente della Repubblica, al rifiuto della Rostellato di stringere la mano alla Bindi che gliela porgeva, alla scelta dei nostri eletti di sedersi sull’ultimo anello dell’emiciclo a rappresentazione di una presunta superiorità, e a un più generale atteggiamento di ostentata distanza dall’ambiente circostante del nostro gruppo parlamentare. Atteggiamenti che non possono piacermi perché da una parte, certo banalmente, non sento in essi rappresentata la mia personale natura, ma, anche e soprattutto perché, a mio avviso, sono in realtà in conflitto con la natura più profonda del Movimento 5 Stelle.

 

Un po’ di storia: noi siamo quella parte del paese che incredibilmente, all’interno di una storia e di un tempo di insopportabile bruttezza, che sembrava fatto apposta per frustrare energie e speranze, abbiamo trovato la forza, lo splendore di una rigenerazione, e siamo, contro ogni ragionevole convenienza, scesi in strada per vivere prima di tutto, e poi rappresentare, un’altra possibilità. Siamo quelli che con infinita apertura, illimitata capacità di sorridere all’altro e assorbire in noi la pena -qualche volta gli insulti- dell’interlocutore, siamo andati avanti imperterriti a contagiare il paese di entusiasmo ed energia.

 

E non deve trattarsi di una mia personale interpretazione, se lo stesso Grillo di recente ha rivendicato dal suo blog, per il Movimento 5 Stelle, un importante simbolismo alla sua nascita: “Siamo i pazzi della democrazia…Come i francescani erano detti i “pazzi di Dio”… Ci sono molte affinità tra il francescanesimo e il M5S. Noi abbiamo scelto appositamente la data di San Francesco per la creazione del Movimento”.

 

Sì, noi siamo i pazzi della democrazia, quelli che si sono ripromessi di cambiare il mondo solo essendo diversi, testimoniando con fatica e tenacia, di un altro possibile modo di stare al mondo, non aggressivo, ma solidale e gioioso. Siamo quelli che hanno assunto su di sé il compito di sostituire i valori in campo attraverso la propria sola instancabile opera di testimonianza di un’alternativa culturale. Avremmo infettato di gioia e speranza il paese intero facendole soltanto camminare sulle nostre gambe, questa era, ed è –voglio credere e sperare- la nostra fiducia e potenza. Quello che ora informa le nostre facce, i nostri gesti, le nostre parole in Parlamento è comprensibile, ma non condivisibile.

 

Do per scontato (altrimenti il M5S non sarebbe nato) che su ognuno di noi, attivisti o sostenitori del Movimento, si siano scaricate le conseguenze del malgoverno (o della assenza di governo) degli ultimi 20 anni, siamo inevitabilmente parte di quel paese che sente di aver fatto le spese degli atti delinquenziali, o semplicemente dell’indifferenza, di una classe politica che ha vergognosamente tradito il proprio mandato. Tipicamente tra noi vi sono disoccupati, precari, qualità ed eccellenze frustrate, dignità offese. Rabbia è quindi il sentimento necessario e comprensibile di un tale popolo, non intendo nasconderlo, né in alcun modo biasimarlo. Nessuno può pretendere di offendere un popolo all’infinito e ottenerne una reazione mite e composta. E, in particolare, posso immaginare che trovarsi improvvisamente accanto le facce con le quali si è identificato per anni il male assoluto del Paese, oltre che immediatamente surreale, possa indurre a reazioni forti.

 

Ciò nondimeno, dopo il primo ragionevole shock, a coloro che siedono in Parlamento in questo momento, non possiamo non chiedere di rappresentare, insieme alle nostre istanze, la nostra più autentica natura, e di testimoniare la responsabilità culturale che ci siamo originariamente assunti. Siamo sorti dalla rabbia, d’accordo, ma siamo fiducia in movimento, perciò sia pure la rabbia il nostro dato storico preliminare, ma non la costante del nostro agire. Pena, e lo dico con certezza, il fallimento della nostra missione politica e culturale.

 

Sembriamo oggi sinceramente penalizzati da un’eredità di stile alla quale abbiamo fatto, anche se per necessità, troppo univocamente riferimento. Il linguaggio e lo stile di Grillo, con i nomi caricaturali, gli attacchi senza appello, la gestione delle censure o aperture alle parti, sentite di volta in volta come amiche o nemiche, fanno tutt’uno con una personalità e professionalità specifica e inimitabile, e alla quale, inutile nasconderlo, il M5S deve l’esplosività del suo successo. Ma non possono essere il linguaggio e lo stile di una forza ora stabilmente insediata nelle massime istituzioni, che stabilmente agisce di fronte a una nazione, e stabilmente informa di sé i costumi di un intero paese.

 

Va compreso che dietro i leader politici per i quali stiamo mostrando inequivocabile disprezzo ci sono i loro elettori, milioni di persone comuni delle quali non è lecito presumere male, quelle stesse persone, tra l’altro, con le quali, con instancabile fiducia, cerchiamo, sui territori da anni, di condividere consapevolezza. Se non riusciremo a riprodurre la nostra instancabile ricerca di dialogo all’interno del Parlamento, a riproporre lì dentro la testimonianza della cultura dell’ascolto, ci ritroveremo costretti, nella migliore delle ipotesi, sui territori, a dover dar conto di ciò che in realtà non siamo, risalendo la corrente contraria creata da noi stessi nelle aule istituzionali. Nella peggiore, saremo puniti nelle prossime tornate elettorali, sprecando un’esperienza storica unica, e riducendo noi stessi all’interno di un perimetro politico già visto infinite volte, quello di una forza avvertita come chiusa nella propria verità e non abile a rappresentare il Paese.

 

Non rabbia, né sfottò, nè sedicente superiorità quindi, prima di tutto e banalmente perché non è necessario, né alla nostra azione politica, né a comunicare il Movimento, né alla cultura già martoriata di questo paese. Non esistono “no” che non si possano dire con pacifica assertività, la nettezza delle decisioni prese, la serietà, la trasparenza, possono parlare a sufficienza di noi, non c’è alcun bisogno di accompagnare il nostro operato con la faccia truce. Siamo nati come una pressante, ma gioiosa e accogliente, macchina di cambiamento. Sono convinta perciò che anche la rappresentazione di questa gioiosa natura faccia parte del mandato dei nostri eletti.

 

Non so quanto sia isolata questa mia posizione all’interno del Movimento -me lo direte voi eventualmente-, ma anche fossi sola a pensarla così, tengo a dire che, in nome di quel capolavoro di democrazia (tra le tante meraviglie che il M5S ha fin qui prodotto) che è il nostro “ognuno vale uno”, questa opinione ha eguale autorità e potenza di quella di ciascuno. Perciò, anche fosse per me sola, ecco il mio messaggio ai nostri portavoce: vi sono infinitamente grata per star facendo il vostro meglio, per star lavorando duramente, e spesso tormentandovi, anche per mio conto, ma, per favore, nel mio nome, sia fatto solo col sorriso dei semplici sulle labbra.

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