10 SET
Costituzioni, come nascono (I parte)
Pubblicato in: Costituzione, Politica, Politica italiana | 10 settembre 2013 - 13:24
bandiera italiana

C’era una volta un re…così davvero può cominciare anche questa storia, perché solo con un esercizio di fantasia possiamo riuscire a ricreare le condizioni che hanno dato vita alle costituzioni e con ciò comprendere il rapporto che esse hanno oggi con le nostre vite. Solo con l’immaginazione possiamo colmare le distanze scavate dal tempo e vedere, dietro l’aurea magica attribuita ormai alla legge, il suo senso, scoprire in essa la nostra appartenenza.

 

E, dunque, c’è un re e un reame, e noi siamo i suoi sudditi (non ancora cittadini, ché per questo occorre avere diritti oltre ai doveri). Ed ora immaginiamo di menare le nostre vite in questo regno, in maniera certo più semplice di quella di oggi, ma soprattutto senza mai concepire pensieri sul futuro. Perché noi sudditi sappiamo di vivere in un luogo fatato dove quello che siamo o possediamo può esserci portato via in qualsiasi momento, non solo perché non abbiamo ancora la penicillina o la cardiochirurgia, ma soprattutto perché sappiamo che qualsiasi cosa siamo e possediamo non è veramente nostra, ma sottoposta al capriccio del re, perché lui è la legge, lui il signore, lui il principio e la fine di ogni cosa (“quod principi placuit legis habet vigorem”, quello che piace al re è legge, 1400-1700).

 

Dimenticavo! A questo re naturalmente vanno pagate le tasse, perché egli possa mantenere gli eserciti, e gli impiegati, se stesso e la sua corte. Perché egli possa gestire il potere per noi e contro di noi (lo so, c’è qualcosa di veramente familiare in ciò, ma questa è un’altra storia). Restando nel nostro reame, vi sembra che ci sia qualcosa che non va? Se sì, ebbene, anche ai nostri avi è sembrato lo stesso. È così che sono nate le costituzioni.

 

È dalla pancia in rivolta di un mondo che voleva esistere o almeno difendere se stesso contro le degenerazioni del potere, che si afferma l’idea (fine 1700) che il potere non possa essere esercitato senza limiti, che il sovrano non possa agire libero da qualsiasi vincolo giuridico. Perché tale potere non si trasformi in abuso, perché non ingigantisca fino a distruggere ciò che dovrebbe governare e proteggere è necessario che, esso per primo, sia sottoposto alla legge.

 

Da questo principio, nascono le costituzioni, quei patti scritti tra i sudditi (che si avviano ora timidamente a diventare cittadini) e il sovrano, in cui il popolo riconosce ancora (si badi bene)  il potere del re su stesso, ma a patto che il re ponga dei limiti chiari al suo potere. Il sovrano (inteso genericamente come autorità “che sta sopra” e che, nel tempo, sarà via via rappresentata da re, presidenti, o governi, a seconda delle forme di stato in cui il mondo evolverà) quindi sarà tenuto, da lì in poi, ad accettare di assoggettare se stesso alla Legge Fondamentale dello Stato per ottenere il riconoscimento e la legittimazione del suo potere.

 

Ecco spiegato perché, ancora ai nostri giorni, con simbologia puntuale e necessaria, ogni nuovo governo (che rappresenta il potere esecutivo) è tenuto, prima dell’insediamento, a giurare sulla Costituzione.

 

Come sono nate le costituzioni contemporanee – Continuiamo a fantasticare, e immaginiamo ora che ci siano fatti nuovi nel nostro regno, che milioni di persone siano giunte affamate dalle campagne alle città, per trovare lavoro nelle fabbriche che intanto là stanno nascendo numerose, che da questo esodo nuove enormi ingiustizie vengano a crearsi, e che nuove domande di diritti quindi sorgano.

 

Di nuovo l’uomo chiede di esistere oltre la pura sopravvivenza, di poter immaginare -cioè possedere- il proprio futuro. In questo nuovo tempo, non basta più che il sovrano accetti di assoggettarsi alla Legge (è già accaduto e non è bastato ad evitare la brutalità di quello che sta accadendo), in questo nuovo tempo le masse di uomini e donne sui quali si sta scaricando violentemente la storia, sentono di avere il diritto di deciderla in prima persona («quod omnes tangit ab omnibus approbari debet», ciò che tocca la collettività, dalla collettività deve essere approvato).

 

Nascono così le costituzioni democratiche (1900), l’idea di sovranità popolare, il diritto di rappresentanza, i partiti, i sindacati, il suffragio universale, le elezioni, i referendum.

 

Quindi, alla fine di questa nostra storia, le costituzioni portano dentro di sé due fondamentali intenzioni: imbrigliare il potere nella legge per impedirne la degenerazione, mettere nelle mani dei cittadini (ormai pienamente tali) il proprio destino collettivo.

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